24/03/2014
RACCONTO DI VIAGGIO
Lavinia e la sua "Storia di Cuore"
Non è semplice raccontare la mia emozionante esperienza con Afron Oncologia per l’Africa, la scrittura facilmente scivola nell’enfasi e nella retorica, altra cosa è raccontare guardandosi negli occhi.
Sapete di cosa parlo: se conoscete l’Associazione è perché conoscete Titti e se fate parte anche minimamente del progetto, è perché con il suo entusiasmo e l’emozione che la sommerge ogni volta che ne parla, riesce a trascinarvi letteralmente dentro.
Ma andare in Uganda e toccare con occhi e mani quella realtà, è un’altra cosa…
IL VIAGGIO
Il viaggio è davvero lungo, i controlli sono tanti e anche la distanza dall’aeroporto alla capitale Kampala è segnata da una strada dissestata e pericolosa. Non siamo in vacanza, quando le difficoltà fanno parte del gioco che ci porta alla meta. Siamo qui perché bisogna lavorare, bisogna concretizzare quanto progettato, bisogna verificare che tutto proceda e, soprattutto, bisogna testimoniarlo. È settembre 2013, l’evento clou è l’inaugurazione della Family House.
Devo documentare, con la mia amica Flavia, l’attività dell’Associazione.
Sono basita, nel bel parco curato del Saint Francis Nsambya Hospital bivaccano giorno e notte un gran numero di persone che dormono sulle stuoie, che sono lì o per sottoporsi alle cure o per provvedere a cucinare e a lavare la biancheria dei propri ricoverati. Un conto che mi venga raccontato, altra cosa è doverlo documentare con una telecamera, possibilmente, con discrezione e obiettività.
LA FAMILY HOUSE
Comprendo il sentimento che ha spinto con determinazione alla costruzione della Family House in meno di nove mesi: è bellissima. Carlo Vigevano che l’ha realizzata, sia in qualità di progettista che di vicepresidente di Afron, sta ultimando in prima persona i lavori con chi li ha seguiti in loco sin dall’inizio. Si respira una palpabile emozione. Tutto pronto per accogliere le donne malate con un familiare. Continuo a chiedermi ammirata come, pur in una lontananza geografica immensa, siano riusciti a concretizzare in così breve tempo un progetto simile, che è solo uno degli aspetti di quello di gran lunga più ampio dell’Associazione. L’inaugurazione ufficiale ha inizio con personalità locali e italiane: nulla scuote la commozione di quei momenti, neanche una pioggia monsonica inattesa e violenta.
Sono giorni che facciamo riprese e realizziamo interviste, ascoltiamo storie e filmiamo tutto quello che può essere utile per raccontare a chi sostiene Afron cosa realmente accada.
LA MOTIVAZIONE
Realizzo che bisogna avere una grande motivazione interiore per raccontare che in Uganda quasi tutte le donne che si ammalano di cancro all’utero o al seno sono destinate a morire senza cure. Immagino quante volte si siano sentiti dire che anche in Italia si muore di cancro, ma non è una buona risposta perché noi abbiamo molti strumenti per scoprire in tempo la malattia e sconfiggerla, mentre in Uganda le donne, ricche o povere che siano, non hanno la possibilità di fare neanche prevenzione.
Mi chiedo cosa significhi fare volontariato, essere un volontario.
Il vocabolario definisce “di persona che compie una determinata azione di propria volontà” ma naturalmente non dice come e rifletto che la riuscita di quell’atto di volontà dipende solo e soltanto da noi, dai nostri desideri e dalle nostre capacità creative.
La dottoressa Asha Omar Ahmed, giunta a Kampala dalla Somalia in occasione dell’inaugurazione, mi racconta che l’Associazione è tanto amata e stimata, perché persegue un obiettivo che concretamente sta cambiando la vita alle donne ugandesi che hanno l’opportunità di accedere al programma di prevenzione e cura, confidandomi che il suo successo è tale perché riesce a ottenere tutto quello che desidera il suo cuore.
Intuisco, allora, quale sia la vera missione dell’Associazione: riuscire a far risuonare nel cuore di chi ascolta l’autenticità dell’intento del suo progetto perché l’altro se ne possa impossessare come se fosse una propria creazione, scaturita dal proprio spirito.
Solo così verrà del tutto spontaneo dare un proprio personale contributo per promuoverlo, arricchirlo, supportarlo e sostenerlo, proprio come sto facendo adesso io, anche solo attraverso questa breve condivisione.