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09/03/2018

"CON OCCHI NUOVI"

Il racconto di Cristina Vigna, Psiconcologa romana, in missione con AFRON sul progetto ISAAC



E’ la mia prima volta in Africa.
Sono una psicologa specializzata in oncologia. Titti mi chiede di monitorare il progetto ISAAC, che per tutto il 2018 porterà supporto psicosociale ai bambini malati di cancro.


Comincia il mio viaggio e non c’è un attimo di pausa, Titti spreme il tempo come se in 10 giorni volesse metterne 20. Mi vuole rendere partecipe di tutti i progetti, mi trasporta da un ospedale all’altro e anche nei centri di salute di livello minore.
Mano a mano che procediamo cresce in me un senso profondo di frustrazione.
Il confronto tra la qualità di vita dei bambini negli ospedali Italiani e Ugandesi è deprimente.


Nei reparti di oncologia pediatrica sul letto del bambino ricoverato si siedono in tre o quattro, niente mascherine, niente acqua potabile, i bimbi camminano scalzi e indossano gli stessi vestiti giorno dopo giorno, senza mutande nè pannolini, mangiano porridge sul letto sporcando le lenzuola che non vengono cambiate, dal bagno esce uno strano odore e un rivolo d’acqua che allaga il reparto. Le mamme che riescono a lavare i vestiti lo fanno dentro dei grandi catini di plastica negli spazi esterni all’ospedale e stendono il loro vestiti ovunque, ma soprattutto per terra.

 

Chiunque accompagni i bambini in ospedale, anche per settimane, deve dormire all’esterno. Il risultato è che gli ospedali si trasformano in un enorme accampamento di mamme, papà e fratellini in fasce o poco più, che dormono all’aperto, per terra, negli spazi pubblici dell’ospedale.


È uno spettacolo difficile da sostenere con lo sguardo e con il cuore.
Sento un mix tra dolore e rabbia e la scena si ripete. Di ospedale in ospedale, di giorno in giorno.


Ne parlo con Titti e mi risponde citandomi Madre Teresa di Calcutta:
“Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.


Inizio a ripetermi questa frase dentro la testa e mi concentro sul motivo della mia visita qui e sulla “goccia” portata da AFRON. Mi concentro su quello che facciamo invece che su quello che non possiamo fare e rivedo i reparti con occhi nuovi.


Ogni pomeriggio, per tutto il 2018, il reparto viene felicemente invaso dagli operatori di AFRON, che portano giochi, spensieratezza, esperienza e competenza. Chiamano a raccolta i bambini che per tre ore giocano come matti. Sorridono, parlano di sé stessi, fanno i compiti, giocano a fare il dottore esorcizzando le loro paure e parlando del proprio dolore.


Allo stesso tempo le mamme vengono coinvolte in sessioni di supporto psicologico di gruppo e individuale, in programmi di educazione all’igiene. Lo staff si fa portavoce all’amministrazione dei problemi di igiene basilare che le mamme lamentano di volta in volta, allo scopo di mobilitare risorse sia dei pazienti che dell’ospedale e innestare un circolo virtuoso all’interno del reparto.


Torno a casa con l’immagine di un reparto.
È il reparto di oncologia pediatrica dell’Uganda Cancer Institute.
Il Centro di riferimento Ugandese per il cancro in età infantile.
In questo reparto si lavora per ottenere una migliore qualità di vita per i propri pazienti.


Non è TUTTO ma è TANTISSIMO.
Grazie AFRON.

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